Francesca Tommasone ci racconta la sua esperienza in Congo come mamma expat

  • Raccontaci un pò di te e della tua famiglia

Volentieri! Mi chiamo Francesca e sono mamma a tempo pieno di Edoardo, 4 anni, e Matilde, 4 mesi. Mio marito si chiama Simone e ci piace definirci una vera squadra! 

  • Quanto tempo sei stata in Congo, e cosa ti ha portato li?

Viviamo a Brazzaville dal 2017. Mio marito è nell’Arma e lavora all’ambasciata italiana con un incarico di 4 anni circa. Ci ha portati lì, oltre alle esigenze lavorative, la voglia di metterci in gioco e sperimentare la vita in un Paese che è del tutto diverso dalle realtà alle quali siamo abituati in Europa. Partire con un bambino molto piccolo è stata una decisione ben ponderata ma che rifarei altre cento volte!

  • Come hai vissuto questo cambiamento? e come l’hanno vissuto i tuoi bambini?

Edoardo aveva solo 13 mesi e per lui il Congo è a tutti gli effetti « casa ». I primi passi li ha mossi lì, i suoi primi amichetti sono stati dei bimbi congolesi. Ha perfino un « nonno onorario», il nostro caro Papa Sylvain. 

Per me è stato un bel banco di prova che mi ha fatto rimettere in discussione molte priorità e a vedere con nuovo occhio  questioni che, fino a quel momento mi sembravano scontate. Ad esempio la luce e l’acqua corrente che talvolta mancano per ore o giorni. Pensa che, proprio nella mia prima settimana in Congo, rimanemmo senza energia elettrica. Ricordo che andò via proprio nella parte della città dove viviamo noi ed in più si ruppe il nostro gruppo elettrogeno (altro elemento importantissimo che chi vive in Africa dovrebbe possedere). Lì fa buio tutto l’anno alle 18 di sera per cui ci attrezzammo con torce e candele! All’epoca mi sembrò terribile mentre ad oggi ci ho fatto l’abitudine e , quando capita, non mi scompongo più di tanto. 

Un’altra bella prova è stata il buttarsi nella mischia senza conoscere la lingua! Il Congo è un Paese francofono e la lingua locale è il Lingalà. Quasi nessuno parla inglese. 

Però grazie alla cordialità e all’apertura delle persone sono riuscita in pochi mesi ad imparare il francese abbastanza in fretta! Mi ricordo che cercavo di “attaccare bottone” con tutti, proprio per integrarmi e esercitarmi con la lingua. L’essere così aperta mi ha permesso di suscitare simpatia in questo meraviglioso popolo che ci sta ospitando.

  • Com’è stato approcciarsi ad una nuova cultura così diversa dalla tua?

Il Congo è un Paese controverso ed affascinante. Convivono insieme spiritualità religiosa e culti magici ed esoterici. Questo dualismo è ciò che maggiormente mi ha incuriosita. La forte superstizione che sfocia in veri e propri riti , che comprendono pure la medicina tradizionale fatta di pozioni è una parte di quella realtà che continua ad affascinarmi e a turbarmi allo stesso tempo. Ho decidere di vivere a pieno questa esperienza visitando i posti meno frequentati dagli expats. Mercati colorati e caotici, quartieri popolari… insomma tutto ciò che mi facesse respirare la vera vita in Africa. Ho visto cose stranissime, un modo di vivere colorato e rumoroso ma mi sono scontrata anche con realtà molto forti e tristi che fanno riflettere e che vanno cambiato del tutto la mia percezione della vita.

  • Cosa ti è piaciuto di più della vita in Congo?

La continua scoperta di modi di vivere così diversi. L’allegria delle persone ed i ritmi lenti. Il poter crescere mio figlio libero da stereotipi e pregiudizi. Poter godere di 12 mesi di caldo e aria aperta.

  • Mentre eri in Congo hai deciso di aiutare e sostenere un orfanotrofio locale. Raccontaci di questa tua esperienza 

Ero arrivata da pochi mesi quando la mitica Doris (che è la signora che mi aiuta a casa ma anche una cara amica ormai) mi chiese se potevo tirarmi il latte per la sua nipotina di poche settimane rimasta orfana. Lei stessa, dopo la morte della madre, era andata a riprendere la piccola in questo orfanotrofio dove era stata mandata in attesa che qualche parente la reclamasse. Per un periodo il mio Edoardo ha avuto una « sorellina di latte », la piccola Maryam!

Il tempo è passato ma la cara Doris ha continuato a frequentare ed aiutare con i propri mezzi questi orfanotrofio che aveva ospitato la sua nipotina per qualche settimana. Un giorno mi sono decisa e, seppur consapevole del fatto che fosse una realtà molto forte, mi sono fatta accompagnare lì. 

Quello che ho vissuto grazie al profondo affetto di questi trentatré bambini meravigliosi è stata una delle esperienze più emozionanti della vita, come ho raccontato e testimoniato più volte sulla mia pagina Instagram. Grazie all’aiuto e al sostegno di molte persone sono riuscita a portare avanti una raccolta fondi con la quale è stato possibile migliorare la qualità della vita di questi bambini. Adesso che sono in Italia mi mancano molto e non nego che , appena possibile, mi piacerebbe organizzare una nuova campagna di sensibilizzazione e raccolta fondi.

  • Cosa ti è mancato di più dell’Italia?

Indubbiamente amici e parenti. In genere torniamo una sola volta all’anno e crescere un bambino senza che possa godere dell’affetto quotidiano di nonni e zii è un dispiacere, inutile negarlo. 

  • Cosa consigli a chi è mamma e vuole partire?

Consiglio di fare una bella lista di pro e contro e di informarsi bene sul Paese in cui è previsto il trasferimento. Noi ad esempio siamo stati seguiti al centro di vaccinazioni internazionali e medicina dei viaggi. Assicurazioni sanitarie, cliniche mediche, scuole etc… tutti fattori da tenere in considerazione prima di una partenza !